20-24 luglio 2021
Seconda edizione del festival ideato da Pompeo Benincasa dedicato ai suoni del Mediterraneo nelle fresche serate estive del paese etneo, a quasi seicento metri sul livello del mare. I catanesi e i turisti in fuga dalle torride giornate estive hanno potuto ascoltare del jazz con venature etniche di grande qualità, gustando un programma vario e mai scontato, preceduto dai suoni itineranti della Size 46 Street Band.
Le prime tre serate presentavano due concerti ciascuna. Ad aprire il festival l’ottimo duo tra Vince Abbracciante e Javier Girotto, che hanno presentato le musiche del loro recentissimo «Santuario», edito dall’etichetta salentina Dodicilune. Girotto, per chi ancora non lo conoscesse, è un argentino che vive da sempre in Italia, e qui ha fondato un gruppo famosissimo, gli Aires Tango, con i quali ha inciso innumerevoli dischi, e svolge una intensa attività solistica e una gran quantità di collaborazioni. Il suono del suo sax (a Zafferana ha portato solo il soprano) è inconfondibile, intriso dell’anima del suo paese d’origine, così come quello del flauto. Vince Abbracciante, pugliese, è una delle più belle realtà della fisarmonica jazz in Italia. Il loro duo marcia alla perfezione, grazie alla perizia di entrambi come esecutori e come compositori. L’unico brano altrui che hanno eseguito è stato L’ultima chance del compianto Luis Bacalov, davvero intenso, ma tutto il concerto ha affascinato l’uditorio alternando composizioni lente ad altre più mosse, con una particolare menzione per la struggente Ninar, eseguita al flauto.
La sassofonista e flautista francese Sophie Alour, pochissimo nota in Italia, è arrivata con il suo quintetto (Damien Argentieri al pianoforte, Mohamed Abozekry oud e voce, Philippe Aerts al contrabbasso e Gautier Garrigue alla batteria). Molto attiva nel proprio paese, ha vinto il premio Django d’Or nel 2007. Un quintetto fresco e dinamico, con al centro le sonorità dell’oud, e un batterista incalzante anche se nuovo nel gruppo, con un repertorio vario e sempre gradevole, e la leader impegnata al sax tenore e al flauto con ottima tecnica e personalità. Musiche tratte dal disco «Joy» del 2020, a cavallo tra jazz ed etnojazz, nel quale Abozekry ha avuto un ruolo fondamentale.
Ancora un oud al centro del palcoscenico, stavolta nelle mani del greco Kyriakos Tapakis, facente parte del trio della pianista Tania Giannouli insieme al trombettista e flicornista Andreas Polyzogopoulos. Una prima sul territorio italiano per la pianista, greca ma attiva soprattutto in Germania, che a Zafferana ha pienamente convinto per la forza e coerenza del progetto musicale, che fa leva su un tocco delicato che rivela gli studi classici. Atmosfere che non sfigurerebbero in un disco dell’etichetta tedesca ECM, arpeggi contrappuntati dal prezioso lavoro dell’oud e dal suono degli ottoni, una felice e variegata vena compositiva nella quale prevalgono bei toni romantici venati di nostalgia, che andava da brani melodicamente contrassegnati ad altri più astratti e improvvisati, per un concerto altamente suggestivo, equilibrato, che prevedeva una democratica suddivisione degli spazi ed evidenziava le grandi abilità improvvisative di ciascuno. Tapakis, ateniese di origini cipriote, è uno dei migliori suonatori di oud che si possano ascoltare oggi, e vanta una formazione di grande livello; Polyzogopoulos, che in Italia suona abbastanza frequentemente, si è formato ad Amsterdam e a Bruxelles, città dove vive, ha un suono che a tratti ricorda quello di Arve Henriksen e di Nils Petter Molvaer e il fraseggio di Paolo Fresu, e si colloca nella migliore tradizione trombettistica europea del momento.
«Per aspera ad astra» è il titolo del cd di Daniela Spalletta recentemente pubblicato dall’etichetta TRP Music. Nove musicisti sul palco (oltre alla leader, Jani Moder-chitarra elettrica, Donatello D’attoma-pianoforte, Alberto Fidone-contrabbasso, Peppe Tringali-batteria e un quartetto d’archi), per la prima assoluta live di un progetto ambizioso, che segna la definitiva maturità di un’artista che in questo momento, nell’ampio panorama del jazz italiano, si colloca in una posizione di primissimo piano. Il progetto, che sul disco si avvale della presenza di Seby Burgio e di un’orchestra d’archi di tredici elementi, è una produzione della quale Daniela Spalletta è ideatrice, compositrice, arrangiatrice (anche degli archi e dei backing vocals), autrice dei testi, direttore musicale. Un prodotto “autoriale” in senso letterale, dove nulla è lasciato al caso, dalla ricercatezza delle liriche (in inglese, italiano e persino in turco, nell’unico testo non originale poiché tratto da una poesia di Nazim Hikmet), alla finezza degli arrangiamenti degli archi, all’equilibrio con il combo jazz, al canto dai vertici tecnici ed espressivi ineguagliabili. Una tale complessità richiedeva pause forse troppo ampie tra un brano e l’altro per il cambio delle complesse partiture, ma la maestosità del progetto si è avvertita comunque, garantita dalla intensa vocalità, dalla notevole presenza del chitarrista sloveno, dalla ritmica ineccepibile, dal ruolo del quartetto d’archi. I brani proposti andavano ben oltre il jazz, pur presente anche con trascinanti fraseggi scat, per approdare a una sorta di “musica totale” di assoluto fascino, che lascia il segno.
Il concerto è stato preceduto dai venti strumenti di Amir Gwirtzman, polistrumentista israeliano attualmente di stanza in Croazia, noto per le sue scorribande musicali. Ha spaziato da musiche etniche mediorientali, iniziando con un duduk armeno, al klezmer, a un jazz spettacolare – da Shorter a classici del bebop -, facendo ampio uso di una loop station e di basi preregistrate, sulle quali sovrappone innumerevoli strumenti, realizzando di fatto il suono di un intero gruppo, con un impatto gradevole e coinvolgente nel quale si alternava ai sax, al flauto, a dei corni, alla cornamusa, persino a un maranzano.
“Suoni di pietra lavica” era il titolo del concerto di Rosalba Bentivoglio, con Bruno Salicone-pianoforte e tastiera, Claudio Cusmano-chitarra e basso elettrico (in sostituzione dell’assente Marco Bardoscia), Samyr Guarrera-sax tenore e soprano, Carmelo Graceffa-batteria. La Bentivoglio, cantante e compositrice, storica protagonista del jazz in Sicilia, vanta collaborazioni prestigiose, una fra tutte quella con Paul McCandless. Avviato dalla suggestiva performance di danza butoh di Valeria Geremia, un evidente omaggio al vulcano, il concerto è approdato a Ponta de Areia di Milton Nascimento, supportato da tre vocalist, Sol! di Javier Girotto, Last Bloom di McCandless con un testo in siciliano, la composizione originale Lunatica, la notissima Minuano di Pat Metheny, e altre composizioni originali, brani eseguiti da una leader non in perfetta forma, con qualche leggera défaillance.
L’ultimo appuntamento del festival etneo è stato con la prima assoluta del progetto “I Siciliani” di Cettina Donato e Ninni Bruschetta, pubblicato recentemente su etichetta AlfaMusic. Insieme alla splendida efficacissima voce e presenza scenica di Celeste Gugliandolo, con Dario Rosciglione al contrabbasso, Mimmo Campanale alla batteria, Dario Cecchini ai sax baritono e soprano e al flauto, Marcello Sirignano e Mario Gentili ai violini, Andrea Domini alla viola e Giuseppe Tortora al violoncello, hanno meritoriamente celebrato le splendide liriche di Antonio Caldarella (Siracusa, 1959-2009). Poeta, scrittore, attore e regista, autore di varie sillogi poetiche (tra cui La luna sfogliata dal vento, 1991; Poesie & disegni, 1995; Cronaca di un amore annunciato, 2011), Caldarella era un artista la cui opera, di grande qualità, andrebbe assolutamente ripubblicata e diffusa. Donato vanta un curriculum musicale molto prestigioso: pianista, compositrice, arrangiatrice e direttrice d’orchestra, con esperienze in Italia e negli Stati Uniti. Bruschetta è noto e apprezzato uomo di teatro, regista, attore, sceneggiatore, ed era amico di Caldarella. Insieme hanno deciso di rendergli omaggio con il disco e con lo spettacolo, nei quali la qualità dei versi si coniuga con la perizia compositiva della pianista, in un insieme davvero riuscito, appassionante, coinvolgente. Donato si è ritagliata alcuni spazi per il solo pianoforte, i preludi, e lo spettacolo ha proposto principalmente i brani del disco, valorizzando la qualità dei testi grazie alla potenza della voce recitante di Bruschetta e alle composizioni che spaziavano da un jazz speziato dai notevoli assolo di Cecchini, spinto dalla ritmica di Rosciglione e Campanale, e da pregevoli arrangiamenti jazzistici di canzoni popolari siciliane. Tra le cose più belle ascoltate, Vorrei nuotare, introdotta da un duo pianoforte-violoncello da antologia, il jazzistico Amico fragile, il dialettale, breve e intenso Amuri miu. Durante lo spettacolo l’ensemble ha proposto anche brani non contenuti nel disco, come My Funny Valentine e Amandoti di Giovanni Lindo Ferretti che Bruschetta ha dedicato a Franco Battiato, interpretate a due voci, e Georgia on my mind, con Cecchini al flauto. Il bis, in duo tra Cettina Donato e Celeste Gugliandolo, era un bellissimo arrangiamento di Vitti ‘na crozza, restituita alla sua dolente autenticità, con una sapiente riarmonizzazione. E per concludere una divertente e trascinante versione di Tattica di Fulminacci.