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Mario Mariotti (La persistance du rêve)

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Abeat 2024

  1. Via Volta 28
  2. Zephiro
  3. Untitled #1
  4. Die Irren
  5. The brave one
  6. Untitled#2
  7. Monolith
  8. Come se fosse autunno
  9. Untitled#3
  10. Lullaby for a lion

Mario Mariotti: tromba e flicorno
Roberto Olzer: pianoforte
Andrea Grossi: contrabbasso
Marco Zanoli: batteria

Mario Mariotti è un trombettista e compositore molto preparato, provvisto di una cultura musicale che spazia dal classico-contemporaneo al jazz, in tutte le sue possibili diramazioni. “La persistance du rêve ” è il primo disco inciso da un quartetto riunito per l’occasione e costituito da strumentisti apprezzati dal band leader non solo per l’abilità tecnica e immaginativa, ma pure per la disponibilità a mettersi in gioco sotto la sua direzione. La musica dell’album contiene aspetti diversi e in apparenza divergenti, che si avvicendano in un’opera policroma, che riflette al meglio le preferenze di genere e di stile del titolare dell’incisione. Fra le dieci tracce, alcune sono da addebitarsi ai singoli componenti del gruppo, tre sono improvvisazioni collettive, sotto il titolo di untitled, e nascono da ispirazioni tematiche appena suggerite e si muovono verso un free addomesticato, non selvaggio, cioè, figlio di una volontà comune di ascoltarsi e di suonare simbioticamente. Gli ultimi tre pezzi sono a firma di autori cari allo stesso Mariotti, per aver avuto parte, in un modo o nell’altro, nella sua maturazione artistica. Nel trittico di avvio  prevale l’idea melodica, distesa e coerente, bene illustrata dal trombettista e sostenuta da un lavoro di cesello del pianoforte, dal  maestoso, nella sua cantabilità, pizzicato del contrabbasso e dal drummin’ circolare di Marco Zanoli. E’ un’operazione ad incastro, fra quattro voci con storie dissimili una dall’altra, che quagliano adeguatamente nell’interfacciarsi reciproco, trovando un comune terreno d’intesa.

“Die hirren”, dedicata al poeta R.M.Rilke, detiene, invece, un motivo malinconico largo e avvolgente, illustrato a dovere dagli scambi ispirati fra lo strumento a fiato e gli ottantotto tasti.

“The brave one” oscilla fra liricità e libertà atonale, senza attriti di sorta.

“Monolith” di Massimo Falascone custodisce un clima ornettiano, dopo un inizio atmosferico. Prende ritmo piano piano, ma, quando decolla, i quattro sbaragliano il campo. In una sequenza, in particoiare, Mariotti si concede un assolo infuocato da incorniciare

“Come se fosse autunno” di Giancarlo Schiaffini, ha diverse facce, fra minimalismo, swing e jazz delle origini, senza trascurare qualche approdo nel free, tanto per far quadrare il cerchio. Grossi, sul finale, canta le note prodotte con il suo archetto, forse come un omaggio futuribile a Jimmy Blanton

“Lullaby for a Lion” di Dino Betti è parecchio differente dall’originale, inciso dalla big band del maestro meneghino, ed è giocato, per la maggior parte, sulla ricerca timbrica, in particolare del band leader, per approdare, sul finale, all’evocativo tema del compositore milanese.

“La persistance du reve”, in conclusione, conferma la capacità di Mario Mariotti di farsi valere in contesti differenti, dal duo all’orchestra, ma di saper dire la sua con coraggio e competenza anche quando si mette in proprio.