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Claudio Cojaniz (Orfani)

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Claudio Cojaniz (Orfani)
Caligola (2021)

1. Bozo
2. Blues dans la nuit
3. Mokoba
4. Winter
5. Orphans
6. Fumoir
7. Papaveri gialli

Claudio Cojaniz – pianoforte
Alessandro Turchet – contrabbasso
Luca Colussi – percussioni
Luca Grizzo – batteria
 

Claudio Cojaniz è un musicista che unisce alla notevole perizia tecnica un atteggiamento molto partecipato nei confronti di quello che realizza. Il pianista friulano respira e vive, infatti, la musica che elabora. Ci mette dentro il fisico e l’anima in maniera integrale, oltre alle sue idee, i suoi ideali umani e collettivi.

Per quest’ultimo disco sono con lui i partners già presenti in “Sound of Africa” del 2017 e in “Molineddu” del 2019. Con il gruppo il tastierista detiene una considerevole empatia, non soltanto sul piano estetico. L’album è formato da sette tracce, tutte a firma di Cojaniz. Colpiscono, prima di tutto, le scelte melodiche sempre appaganti contenute nei brani del cd. L’artista di Palmanova ha la mano felice nel tratteggiare temi ariosi che dispiega con un pianismo sensibile, dotato di accezioni colte e popolari.

Il cd inizia con “Bozo”, caratterizzata da un basso ostinato su cui lavora il solismo del leader, facendo pensare ad un jazz dai risvolti africani, come era in uso negli anni settanta nelle incisioni di Mc Coy Tyner o di Pharoah Sanders, per fare qualche nome.
“Blues dans la nuit” è delicata e romantica. Le mani di Cojaniz accarezzano le note, gli accordi, per illustrare un tema assorto e malinconico. Quando entra Turchet il dialogo pianoforte-contrabbasso viene condotto su toni pacati, in perfetta simbiosi espressiva.
“Mokoba” custodisce un motivo accogliente. L’incedere è sospeso e dondolante. La tensione aumenta gradualmente, cioè, senza mai deflagrare.

Winter” è su tempo moderato ed è giocata sui ricami della tastiera, impregnati nel sentimento e nel blues, e sulle pennellate del basso, altrettanto direzionate nella stessa area emozionale.

Orphans” contiene una narrazione senza parole che racconta, forse, una storia o si riallaccia a tante storie di sofferenza e di dolore, magistralmente esposte dagli 88 tasti morbidamente percossi dal band leader.

Fumoir“, letteralmente locale per fumatori, rappresenta una pausa vivificante illuminata dallo scambio mai sopra le righe fra Turchet e Cojaniz

Papaveri gialli” ha un ritmo latineggiante, un andamento magnetico e chiude degnamente l’album, racchiudendone i tratti distintivi dei vari capitoli.

Cojaniz è un musicista che ha fatto l’avanguardia, ha suonato, infatti, nella sua lunga carriera, con personaggi di riferimento nel jazz di ricerca a livello internazionale. Da qualche anno, però, predilige una proposta per certi versi introspettiva, che ne rappresenta il suo lato intimo, ma, alla stessa maniera, non nasconde il suo punto di vista sociale. In questo ambito il pianista mette in mostra qualità di abile creatore di melodie e di fine cesellatore di abbellimenti, il tutto reso con autentica adesione pure dalla sua band, complice del tutto adeguata in questa incisione, in perfetta continuità con le precedenti.