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Equilibrio tra divertissement e profondità per Klaus Bellavitis Trio a Milano

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“Sento il suono della voce umana”: così scriveva il poeta americano Walt Whitman in Song of Myself. La voce è uno strumento principe del jazz, con le sue radici sempre ancorate nel blues del “chiamata e risposta” e nel canto responsoriale proveniente dall’Africa nord-occidentale e subsahariana. Questo riferimento culturale e musicale è stato brillantemente omaggiato da Klaus Bellavitis (artista Blue Note, direttore d’orchestra, pianista e cantante) al pianoforte e voce, Enrico Santarelli (veterano della scena musicale di Las Vegas) al basso elettrico e Sergio Bellotti (docente del Berklee College of Music) alla batteria. Durante l’house concert, tenutosi a Milano presso l’incantevole dimora del pianista, il trio, cresciuto nel prestigioso Berklee College of Music di Boston anni addietro, si è riunito per la prima volta sotto la guida di Bellavitis.

L’incipit affidato a “The Lady is a Tramp” ha subito scaldato gli animi del pubblico proponendo un groove carico di tecnica e virtuosismo per poi cedere il testimone al gusto per la melodia con “All of Me”, dove la trascinante energia del cantante e pianista Klaus Bellavitis ha guidato gli astanti attraverso un viaggio musicale, evocando le radici dei primi musical americani di Broadway firmati dai fratelli George e Ira Gershwin, Cole Porter e Kurt Weill.

Una performance colma di raffinatezza timbrica e dinamiche coinvolgenti, dimostra il fascino indelebile di “Fly Me To The Moon” e “A Foggy Day”, in cui gli assoli virtuosistici del batterista Sergio Bellotti hanno coinvolto l’intero ensemble mantenendo un perfetto equilibrio tra ballad in stile swing e be-bop. Ancora varietà di stile, questa volta rhythm and blues, per altri tre classici come “The Girl From Ipanema”, “Moon River” e “Georgia On My Mind” in cui venature gospel hanno ispirato un lirismo armonico tra voce e strumenti.

La performance ha raggiunto un momento di climax con “Take The A Train”, dove le armonizzazioni del pianoforte e del basso elettrico hanno ricordato le sezioni orchestrali di ottoni amate da Duke Ellington. La chiusura del concerto è stata affidata alla citazione del concerto numero 2 in do minore, op. 18 di Rachmaninov, collegata alla “Rhapsody in Blue” di Gershwin, offrendo un avant-spettacolo comunicativo e ironico che ha coinvolto il pubblico sui grandi temi della storia dell’umanità.

Il concerto è stato un raffinato equilibrio tra divertissement e profondità, con suoni scanditi, arrangiamenti coinvolgenti, carisma scenico che hanno suscitato applausi e simpatia da parte del pubblico. L’intimità della location ha esaltato le sottigliezze liriche e il sarcasmo intelligente del leader e dell’ensemble, rendendo l’evento un’esperienza molto gradevole che ci si augura possa dare origine ad un’incisione discografica e replicarsi in un tour per jazz club.