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Festival Les Émouvantes a Marsiglia, da tredici anni luogo simbolo di una sempre alta vivacità artistica

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Marsiglia, 19-21 settembre 2024.

Sono trascorsi ben tredici anni da quando il contrabbassista francese Claude Tchamitchian ha creato il festival Les Émouvantes che si tiene presso il Conservatorio Pierre Barbizet di Marsiglia, ai piedi del vivacissimo Cours Julien, uno dei luoghi della città che meglio ne rappresentano la vivacità artistica.

L’incipit di un evento è sempre una scelta delicata. E il direttore artistico non poteva scegliere soluzione migliore del duo “In Parallel”, rappresentato da due terzi di Codex III, un trio attivo da tempo fra Régis Huby, Michele Rabbia e Bruno Chevillon. Assente Chevillon, Huby e Rabbia hanno suonato un set di pura improvvisazione, un esempio finissimo di quest’arte nella quale entrambi sono maestri riconosciuti. Partendo da un pianissimo tutto giocato sulle sfumature e la complicità, i violini di Huby e le percussioni e l’elettronica di Rabbia hanno creato mondi sonori di affascinante bellezza, una magnificazione dell’arte di improvvisare in duo al di là di qualunque genere musicale.

A Marsiglia Tchamitchian ha portato il suo quartetto “Vortice”, con Bruno Angelini, francese di origini italiane al pianoforte, Catherine Delaunay al clarinetto e Christophe Monniot all’alto e al sopranino. La forte intesa tra il leader e il pianista, uno strumentista superbo – protagonista di un travolgente momento in solo -, la ricca complessità delle ampie composizioni pregne di un bel senso melodico, l’intreccio tra cameristico e jazzistico dei fiati dai suoni tersi, hanno caratterizzato un concerto di fattura elevata recante una forte impronta di sobrietà musicale e, come il precedente, destinato a permanere nella memoria dei fortunati ascoltatori.

Twofold Head” è il nome del duo composto dalla pianista Sophia Domancich e dal batterista Simon Goubert. Due dischi realizzati insieme e la sonorizzazione di opere di David Lynch rappresentano le carte in tavola di questa formazione, nella quale gli strumenti hanno un ruolo paritario, con il pianoforte sempre attento a non abbandonare il coté melodico anche nelle fasi improvvisative, e la batteria impegnata in un dialogo attento a cogliere e sottolineare ogni sfumatura delle belle composizioni.

Davvero meritoria l’idea del direttore artistico di commissionare a Riccardo Del Fra, un musicista che per i lettori italiani non ha certo bisogno di presentazioni, una composizione per il Festival. Del Fra ha scritto una partitura, una sorta di third stream con momenti impressionistici per tre solisti (lo stesso Del Fra insieme a Jan Prax-alto, soprano, flauto e Carl-Henri Morisset-pianoforte) e sette archi. Già presenti sull’ottimo disco del leader «Moving People», Prax e Morisset hanno dato un contributo fondamentale nell’esecuzione della non semplice composizione, intitolata “Une folle allure”, con la quale Del Fra ha voluto creare il ritratto musicale di una donna eccezionale che ha avuto una grande importanza nella sua vita e che non è più. Da menzionare anche il ruolo degli archi, che hanno sottolineato la grande eleganza della scrittura.

Print” è una delle formazioni di punta del jazz francese, nell’attuale configurazione un quintetto capitanato dal sax tenore Sylvain Cathala, con Stéphane Payen (straight alto sax), Benjamin Moussay (pianoforte, elettronica), Jean-Philippe Morel (contrabbasso) e Franck Vaillant (batteria). Il gruppo ha eseguito le composizioni del leader, un jazz avanzato e davvero convincente con impegno e passione, mostrando tecnica prodigiosa da parte di ciascuno, con ottimo affiatamento, per uno dei migliori set del festival.

La conclusione non poteva che essere affidata a Fabrice Martinez, dall’anno prossimo condirettore artistico del festival. Il noto trombettista, per il suo omaggio a Stevie Wonder (Stev’in My Mind), ha messo su una vera e propria macchina da groove, con Julien Lacharme alla chitarra, Bettina Kee alle tastiere, Raymond Doumbe al basso e Romaric N’Zaou alla batteria. Un omaggio non di facciata, che attraverso una rilettura non di maniera dello stile dell’ultimo Davis ha restituito tutta la magia ritmica e l’energia di Wonder, con la dinamica e sfavillante tromba del leader efficacissima nel ruolo a interagire con i componenti del gruppo, tutti da citare per tecnica e stile.