In occasione della pubblicazione del libro “La legislazione dello spettacolo e il diritto d’autore delle opere musicali” (Arcana, 2022), incontriamo l’autore, il prof. Alceste Ayroldi, per condividere alcune riflessioni sugli aspetti focali attorno a cui verte la cultura e la sua gestione.
Insegni da tanto e in molti luoghi, collabori con numerose organizzazioni di festival e rassegne, conosci e intervisti moltissimi artisti…a chi è rivolto questo libro?
Questo libro è frutto delle lezioni che ho tenuto – e tengo tutt’ora – presso alcune istituzioni italiane e straniere: Saint Louis College of Music di Roma, University of the West of Scotland, Art Village di Roma e dei workshop e masterclass tenute in giro in Italia. E’ un libro che si rivolge a tutti coloro che operano nel mondo dello spettacolo, che vogliono entrarne a far parte, a chi volesse approfondire delle conoscenze in tale settore e, naturalmente, ai musicisti!
Sia nelle tue collaborazioni che attraverso il tuo insegnamento noti che ci sia una crescita professionale in un settore dove c’è iniziativa spesso accompagnata da una buona dose di improvvisazione?
Dunque, rispetto ad alcuni anni fa sicuramente sì. Però, si avverte ancora la differenza con altri Paesi. In Italia, purtroppo, si fa fatica a comprendere che la professione di musicista e quelle connesse a tale professione siano, per l’appunto, una professione. Fino a quando non si entrerà in questo ordine di idee, sarà difficile registrare una crescente professionalità. E i primi a crederci devono essere proprio i musicisti che, fin troppo spesso, si lasciano calpestare o si lasciano prendere dalla foga del momento senza pensare troppo alle conseguenze che, giuridicamente e culturalmente, implica ogni singolo gesto. Per esempio, creare un ordine professionale dei musicisti potrebbe proteggere da alcune insidie e riparare da diverse situazioni problematiche.
Come consideri il “Sistema amministrativo in Italia e i relativi fondi erogati?
Dunque, il sistema amministrativo italiano per quanto concerne lo spettacolo è in corso di definizione e di sviluppo… Solo da qualche tempo, grazie al pressing di alcune associazioni a tutela della categoria (per esempio il Midj, il MEI) si stanno rivalutando, anche finanziariamente (intendo il FUS) musiche diverse rispetto alla classica. Ma il FUS è appannaggio di pochi e a far da coadiutore arrivano i fondi erogati dagli enti territoriali, che finanziano – in buona parte – eventi live. Tutto ciò, però, innesca un meccanismo perverso: i fondi erariali spingono (in alcuni casi, obbligano) alla gratuità degli eventi. E ciò disabitua il pubblico a pagare il prezzo del biglietto di un evento di spettacolo; non solo, deprezza il ruolo di musicista, di artista: il pubblico avrà l’impressione che quell’arte, essendo gratuita, sia di “poco conto”. E, ancora: quando e se quel musicista andrà a suonare in un live club che prevede un fee d’ingresso, il pubblico sarà riluttante a pagare, dal momento che ha potuto beneficiare della sua arte gratuitamente in qualche piazza estiva.
Anche nella cultura è necessario fare impresa. Quali sono alcuni suggerimenti che ti senti di dare per favorire solidità d’impresa in ambito culturale?
Anche qui devo ripetermi: essere professionali. Nessuna attività può essere svolta in modo approssimativo e senza conoscere i fondamenti legislativi, amministrativi ed economici della stessa. L’impresa culturale deve essere vista, anche all’esterno, come una filiera produttiva qualsiasi: alla stregua di quella metalmeccanica o lattiero-casearia. Solo così l’impresa culturale e dello spettacolo avrebbe anche in Italia una dignità alla stregua di altre attività. Le conseguenze della pandemia, d’altro canto, spiegano perfettamente la situazione italiana nel settore. I ristori, le provvidenze economiche, non sono state di per sé sufficienti a garantire il prosieguo di molte attività che, probabilmente, non avevano la giusta solidità. Inoltre, a differenza di tante altre categorie produttive coinvolte dai lockdown, quella del settore dello spettacolo non ha avuto la medesima copertura mediatica e, soprattutto, non ha avuto il medesimo consenso popolare di condivisione dello stato di crisi, così come avvenuto per altri settori.
Il diritto d’autore è complesso e delegarne la tutela a leggi ed enti terzi ha vantaggi e svantaggi, poi c’è l’aspetto internazionale che complica il tutto. Pensi sia utile il pensare ad una autonomia di gestione da parte di chi ne detiene la proprietà intellettuale?
Non credo che sia né utile, né plausibile. L’autonomia che, per gli AIE esisterebbe anche, si è rivelata un fallimento, soprattutto nei momenti di crisi. Inoltre, l’artista deve pensare a svolgere il suo mestiere: quello di artista. Non può occuparsi anche di queste situazioni. La gestione collettiva assicura una migliore e più capillare raccolta dei proventi.
Cito dal libro “la musica è un’esperienza, un servizio…”. La fruizione oggi è secondo te adeguata a questo profondo concetto? E il sistema musicale/artistico ne è rafforzato o indebolito?
Domanda molto bella, ma tanto ampia sarebbe la risposta da dare. In breve, penso che oggi ci sia troppa disponibilità di musica, che può essere ascoltata sugli smartphone (pratica molto usata dai giovani, anche musicisti), computer e molti altri supporti. Ciò anziché provocare effetti positivi, ha deprezzato il valore del musicista e della sua musica. Le piattaforme digitali consentono di frazionare l’ascolto del disco, di acquistare solo alcuni brani: così si svaluta il valore dell’album e dell’opera realizzata dal musicista. Non si ragiona più per dischi, ma per singoli brani. Poi, l’utilizzazione dei video ha fatto sì che la musica non venga più ascoltata, ma vista. E ciò non premia la qualità del brano in quanto opera musicale, ma quella del video che attira maggiori consensi. Inoltre, la “professione” di musicista è diventata (e lo dico con ironia e tristezza) alla portata di molti, soprattutto di coloro i quali hanno dimestichezza con i software musicali. Tutto ciò influisce negativamente sulla visione del musicista in quanto professionista. E’ per questo che ritengo sia doveroso per i musicisti far valere la loro professionalità, costituendo un albo e un ordine come altre professioni.
Streaming, di recente il governo italiano ha sostenuto cospicuamente il progetto ItsArt, la cosiddetta “Netflix” dell’arte…è una possibile strada per aumentarne la fruizione e i profitti?
Il tempo ce lo dirà. Ora ritengo un azzardo fare delle valutazioni.
Se avessi dinanzi il Min. Franceschini quale sarebbe il primo “suggerimento” che ti verrebbe da dargli?
So bene che un Ministro non può fare tutto da solo e quindi ha bisogno di uno staff. In tal senso auspicherei che il Ministro crei degli staff per ogni settore dell’arte, della cultura e dello spettacolo affinché le decisioni possano essere prese alla luce di reali esigenze dei settori e non perché decise dal clima politico del momento. Lo staff, però, deve essere formato da persone esperte, ma in reale assenza di conflitto di interessi.
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https://www.hoepli.it/libro/la-legislazione-dello-spettacolo-e-il-diritto/9788892770874.html
https://www.ibs.it/legislazione-dello-spettacolo-diritto-d-libro-alceste-ayroldi/e/9788892770874
https://www.mondadoristore.it/legislazione-spettacolo-Alceste-Ayroldi/eai978889277087/