Lido Lupo 340, Milano Marittima (RA)
19 maggio 2024
per la Rassegna Musiche Extra-Ordinarie
Dal 1991 l’attività dell’Associazione Area Sismica continua imperterrita sotto la guida di Ariele Monti, mutando connotati in base alle nuove idee organizzative e, da un paio d’anni, anche in base al cambiamento di stagione, spostandosi infatti nel periodo estivo dalle zone abituali di Forlì ai lidi romagnoli, per la precisione al Lido Lupo 340, al confine fra Milano Marittima e Lido di Classe. Oltre i concerti gratuiti di jazz e musica “attuale ed eterodossa” e vi ci si possono trovare anche, eventualmente, lettino e ombrellone sulla spiaggia, bar per aperitivi e ristorante raffinato a prezzi abbordabili (in cucina Mirco Turroni dell’Osteria Loco Squad e lo chef Nicola Cicillo).
Fra i tanti concerti della rassegna Musiche Extra-Ordinarie, partita il 28 aprile con Jim & The Schrimps e terminata l’8 settembre con Emmeluth’s Amoeba, abbiamo ascoltato il 19 maggio quello dei Jones Jones, trio formato da vecchie conoscenze della musica improvvisata d’avanguardia: Larry Ochs al sopranino e sax tenore, Mark Dresser al contrabbasso e Vladimir Tarasov alla batteria e percussioni, ognuno con una importante storia dietro le spalle (Ochs era nei Rova, Dresser nel Braxton Quartet, Tarasov nel Ganelin Trio). Il gruppo s’è esibito per la prima volta nel 2006 nella Bay Area di San Francisco e da allora ha continuato ad esistere, anche se non in maniera continuativa, producendo pochi dischi, perlopiù registrati live, probabilmente per la difficoltà dei due californiani di incontrare il lituano di origine russa Tarasov, che vive in Europa, oggi a Vilnius.
Al Lido Lupo 340 il trio s’è mosso sulla falsariga delle proprie precedenti performance, in totale libertà, partendo con flebili punti di riferimento comuni, procedendo a testa bassa e ascoltandosi molto, per questa ragione potendo cambiare atmosfere e dinamiche in completa sintonia, sempre totalmente liberi nelle estemporanee scelte formali. Queste sono quelle tipiche che il free jazz ha canonizzato nel corso della sua ormai settantennale esistenza, ma che in mani abili e menti immaginifiche, come nel caso dei Jones Jones, continuano a trovare percorsi inediti e soprattutto alto e costante vigore espressivo. Ochs ai sassofoni grufola, ruggisce, pigola, si arzigogola in fraseggi di micro toni e di glissando ruvidi (per la sonorità ricorda Archie Shepp), accendendosi con toni aspri e alternativamente spegnendosi in note spaziate e fievoli, assecondato dai compagni: Dresser usa il contrabbasso in tutte le maniere possibili, con un potente pizzicato, con l’archetto che crea tappeti sonori fitti e battendo la cassa armonica con le mani; Tarasov pure va oltre l’uso ortodosso della batteria, muovendosi tra diversi piatti e vari componenti aggiuntivi di percussioni, dal triangolo e dalle claves alle campane e ai tamburelli aggiungendo ricchezza timbrica e coloristica, più che densità ritmica, così mantenendo un approccio trasparente e aperto che ben si confà al clima generale.