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Mathias Eick (When we leave)

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ECM (2021)

1. Loving
2. Caring
3. Turning
4. Flying
5. Arvo
6. Playing
7. Begging

Mathias Eick – tromba e tastiere
Andreas Ulvo – pianoforte
Håkon Aase – violino, percussioni
Stian Carstensen – pedal steel guitar
Audun Erlien – contrabbasso
Torstein Lofthus – batteria
Helge Andreas Norbakken – batteria, percussioni

Qui c’è la summa della bellezza del suono nordico. Dalle melodie d’ampio respiro, che già si qualificano in “Loving”, con un dosaggio del volume tipico di Eick, alle sonorità dense, ancestrali della tradizione folclorica norvegese, che echeggiano in “Caring”. La tromba di Eick è sfuggente, ma incisiva, carezzevole seppur asprigna: è la giusta merge di accenti che sanno di Scandinavia, ma anche della tradizione jazzistica, forse troppo dispersa. Mathias Eick ha il buon vizio di curare perfettamente il suono, di non lasciare nulla al caso: d’altro canto, non sarebbe ospite delle accoglienti mura di casa Manfred Eicher.

Qui non c’è nulla di melenso, di onirico, o di sospeso: Eick come compositore ha lavorato sulla sostanza, ha messo su lo stesso gruppo che lo accompagna da qualche tempo, con l’aggiunta della pedal steel guitar manovrata da Stian Cartensen. Gioca sui timbri, su cambi di scena (proprio Caring ne è un esempio), sull’interfacciarsi con gli altri componenti del gruppo, tutti eccellenti. I tempi sono moderati – come potrebbe essere altrimenti – ma non ovattati. Riprende un discorso già aperto in passato, ma con lo sguardo fermo su cosa ha fatto nel mentre e quello che potrà essere il suo futuro. In “Turning” cesella una musica che accompagna tanto melodie popular, quanto richiami alla musica classica. Non omologa niente. “Flying” è il brano più onirico-contemporaneo, perché gioca sulla costruzione delle note attraverso i suoni dei cimbali, delle corde del basso, del pianoforte e la tromba che arriva soffusa a illuminare la scena, come l’aurora boreale. “Arvo” è ben movimentata, con la batteria in proscenio, un’armonia che avvolge i cambi ritmici, lo svuotarsi e riempirsi del brano, il dilatarsi degli accordi e il groove che fa capolino. Non si può certo dire che qui Eick abbia costruito un percorso intimista: tutt’altro. “Playing” riprende il mood del precedente brano, con ritmi che ondeggiano, cavalcano il tempo, con sciabolate che arrivano a destra e a manca. “Begging”, che chiude il settetto di belle composizioni di Eick, è l’unico brano che si acquieta e che ci lascia ascoltare pienamente il soffiato della tromba del musicista norvegese che, nota dopo nota, acquista luminosità.