Lugo – teatro Rossini, 6 ottobre 2022
Foto di Francesco Spezia
La storia del “Rossini Re-Loaded” di Mike Westbrook, pianista e compositore inglese, dagli anni Sessanta una delle punte di riferimento del jazz d’avanguardia europeo, comincia trentotto anni fa, nel 1984, quando sull’incentivo di una commissione ricevuta dal Festival du Theatre Contemporain di Losanna, Westbrook ha rielaborato la “Ouverture” del “Guglielmo Tell” pensata per una brass band. Immediatamente dopo, ha compiuto analoghi interventi su altri passaggi dalla celebre opera, nonché su estratti da “La gazza ladra”, “Il barbiere di Siviglia” e “Otello”, rappresentati per la prima volta a Lucerna e poi pubblicati dalla HatHut in due album dallo stesso titolo, “Westbrook-Rossini”, uno registrato in un concerto tenuto all’International Jazz Festival di Zurigo il 9 novembre 1986, l’altro negli studi della Radio DRS sempre di Zurigo l’11 e il 12 novembre. Per l’occasione aveva riunito un settetto formato da tre ance, due ottoni, piano, batteria e voce.
Più recentemente la medesima opera, ma con l’aggiunta di due spezzoni presi da “La Cenerentola” e con l’irrobustimento dell’orchestrazione per una big band di venti elementi, è stata presentata a Pesaro, città natale di Rossini, nel corso di una serie di celebrazioni per il centocinquantesimo anniversario della morte del celebre compositore. Era il novembre del 2018 e il lavoro di Westbrook, eseguito in esclusiva europea, fu re-intitolato “Rossini-Re-Loaded”.
Lo stesso impianto è stato mantenuto il 6 ottobre 2022 nel bellissimo concerto tenuto al Teatro Rossini di Lugo, paese dove Rossini visse dal 1802 al 1804. Westbrook è stato chiamato ad aprire la stagione musicale nell’ambito del Rossini Open Festival, diciotto appuntamenti soprattutto di musica classica nel teatro appena riaperto dopo la conclusione dei lavori di restauro (lavori evidentemente eccellenti, considerata la resa acustica di alto livello).
La ripresentazione dell’opera è stata ben preparata e studiata in Inghilterra, con una specie di prova generale tenuta in un concerto alla West Road Concert Hall di Cambridge in settembre; così a Lugo tutto ha funzionato ottimamente, con una esecuzione fluida e naturale in ogni parte della complessa e impegnativa partitura.
La big band, denominata Uncommon Orchestra (per l’inconsueta aggiunta in una compagine jazzistica di fisarmonica e violoncello, che hanno fatto sezione a sé) era formata, oltre che dallo stesso Westbrook al pianoforte, da Chris Biscoe, Peter Whyman, Sarah Dean, Alan Wakeman e Ian Wellens alle ance; Robin Pengilly, Andy Hague, Graham Russell e Sam Massey alle trombe; Joe Carnell, Stewart Stunell, Sam Chamberlain-keen e Ashley Nayler ai tromboni; Peter Rosser alla fisarmonica, Frank Schaefer al violoncello, Marcus Vergette al contrabbasso, Coach York alla batteria e Kate Westbrook al canto; tutti eccellenti, sotto la dinamica direzione di Benjamin Cottrell.
Westbrook al piano s’è limitato ad accompagnare con efficacia per l’intera lunga performance, riservandosi solo brevi parti soliste di passaggio, come la splendida apertura a “L’amoroso e sincero Lindoro” da “Il barbiere di Siviglia”. È stato bello vedere in formazione il sassofonista e clarinettista Pete Whyman che aveva suonato nelle primigenie esecuzioni musicali del 1984, apparendo in entrambi quegli album. Uno dei punti culminanti e più emozionanti della performance è stata offerta dal suo sinuoso e insinuante clarinetto intervenuto nella “Ouverture” de “Il barbiere di Siviglia” (altri storici collaboratori di Westbrook presenti in formazione erano Alan Wakeman, Dave Holdsworth e Dick Pearce). Come “Il barbiere di Siviglia”, anche “La Gazza ladra” è stata presentata in due sue parti, tradotte in marcia lenta e in uno scatenato latin jazz, con il sostegno di una briosa e ferratissima sezione ritmica. Invece il “Guglielmo Tell” è stato ripreso ben cinque volte, dislocate a macchia di leopardo nella lunga sequenza musicale costruita da Westbrook; una sola volta “Otello” (“Isaura”, con il corrispondente temporale rappresentato da una caotica improvvisazione collettiva), e due volte, come s’è detto, “La Cenerentola”, nella prima parte presentando uno splendido duetto tra Whyman al tenore e Biscoe al contralto sostenuti da un eccitante background funcheggiante; nella seconda, un canto pieno di melanconia di Kate Westbrook, moglie e partner artistica del leader, adeguata alla mestizia originale rossiniana della cavatina “Una volta c’era un re”.
La Westbrook è stata superlativa nella sezione più lunga dello spettacolo, quella dedicata a Lindoro, cantando conturbatamente con voce d’impronta teatrale dal taglio espressionista ricco di sapienti sfumature e cambi di registro, alternando leggerezza, senso drammatico e un sempre sotteso leggero umorismo, riprendendo Kurt Weill attraverso cadenze alla Lotte Lenya e stilemi espressivi di certi chansonnier francesi, come Leo Ferrè.
Nel finale sono le trombe guidate da Graham Russell che hanno preso il sopravvento, prima in “Tutto cangia” (dal “Guglielmo Tell”), poi soprattutto nel tumultuoso gran galoppo dell’arrangiamento del tema principale della “Ouverture” ancora del “Guglielmo Tell”.
Insomma, un Rossini che Westbrook ha pescato da diverse sue opere poi rimescolate, formando un collage che mantiene un forte senso di unità stilistica. Gli arrangiamenti a volte si allontanano dalle composizioni originali, alterandone la fonte e plasmandole in nuovi stampi, oppure mescolandole con alcune aggiunte inedite, ma pur sempre rientrando nell’alveo riconoscibile tracciato da Rossini, questo soprattutto senza stravolgere le melodie. Sono arrangiamenti ricchi di cadenze sospese e pedali, equilibri timbrici, amalgami e contrasti tra le diverse sezioni dell’orchestra.
Viene dato ampio spazio alle improvvisazioni, che possono accadere nei modi più vari, con lunghi assolo personali, duetti e collettivi cacofonici, ricordando le bande musicali di New Orleans o le performance d’avanguardia dei loft di New York, sempre con quella brillantezza, fluidità, impeto, delicatezza, commozione e senso di verità che contraddistinguono le più riuscite opere d’arte.