“Si erano vestiti dalla festa. Centenario Barricate Parma 1922-2022”.
Parma Frontiere Orchestra, direzione di Roberto Bonati
Foto di Elisa Magnoni
Il contrabbassista e compositore Roberto Bonati ha scritto una complessa suite in quattro movimenti in occasione del centenario delle Barricate, come sono semplicemente conosciute e chiamate le azioni e i movimenti di ribellione e resistenza alla violenza fascista avvenuti a Parma nell’agosto 1922, protagonista la popolazione dell’Oltretorrente (cioè la parte ad ovest del torrente Parma, che attraversa la città), anticipando quella che sarebbe stata la Resistenza partigiana.
Bonati ha affidato l’esecuzione alla ParmaFrontiere Orchestra dirigendola lui stesso nello splendido teatro Farnese in cartellone del festival omonimo, giunto alla ventisettesima edizione.
Già il tipo di formazione, misto fra musicisti di jazz, rock e musica classica, ha fatto presagire l’impostazione data all’opera, un altrettanto misto di musica dotta, folklorica, rock e jazz, con inserti di parti parlate e recitate. L’orchestra di dodici elementi, diretta magistralmente da Bonati con tecnica eterodossa da lui chiamata “Improvised Chironomy” (vi usa molto i gesti delle mani, alla maniera in parte di Butch Morris e in parte di Walter Thompson, dandosi così margini per decidere sul momento inedite soluzioni) è formata da eccellenti strumentisti e solisti: Giulia Zaniboni alla voce, Riccardo Luppi ai sax e ai flauti, Gabriele Fava al sax soprano, Daniele D’alessandro ai clarinetti, Michael Gassmann alla tromba e flicorno, Nicolàs Ernesto Cortes Castillo alla tuba, Luca Perciballi alla chitarra elettrica, Elisa Zito alla viola, Ingrid Berg Mehus al violino, Tommaso Salvadorial al vibrafono, Andrea Grossi al contrabbasso e Roberto Dani alla batteria e percussioni.
Una musica quindi a programma, quella di “Si erano vestiti dalla festa”, di carattere fortemente socio politico, che da quello storico eroico movimento di popolo ha trovato coerente ispirazione e potente forza espressiva.
La complessità dell’opera consiste nella sua poliedrica e cangiante struttura (quattro lunghi movimenti, s’è detto, differenti fra loro e ognuno di per sé sempre mutevole nel suo svolgimento interno); nella ricchezza delle soluzioni armoniche, melodiche e ritmiche; nell’articolata organizzazione di parti sinfoniche e jazzistiche, sia avvicendate che mescolate in perfetta simbiosi; nell’alternanza di atmosfere e di dinamiche nel tentativo riuscito di esprimere i vari stati d’animo e i profondi sentimenti veicolati dalle persone coinvolte nelle Barricate; nel sapiente inserimento delle parti vocali, che esse siano cantate (su impianto trovadorico e/o darmstadtiano), o recitate, o inserite attraverso spezzoni preregistrati (come la testimonianza parlata in dialetto di un uomo che partecipò da bambino ai moti), su testi di Attilio Bertolucci, Charles Baudelaire e dell’eroe di quelle giornate, il parmigiano Guido Picelli.
La scrittura di Bonati, basata su una visione sincretica della musica e sempre ricca e fascinosa sul piano melodico, passa con disinvoltura da fitte armonizzazioni e sonorità cameristico-sinfoniche (strascichi da Stravinsky, Berg, Shostakovich), a bordate etniche e fragori avant-jazz, a richiami a Duke Ellington, Charles Mingus e Anthony Braxton, a istanze rockeggianti (soprattutto per l’apporto del chitarrista Luca Perciballi). Inoltre sembra essere in piena sintonia con gli interpreti, che si esprimono spesso anche in lunghi assolo, impreziositi dal mondo in cui è organizzato il sostegno orchestrale, trovando ognuno il proprio personale spazio che sempre viene occupato con sapiente e coinvolgente dovizia (due nomi che valgono per tutti: Riccardo Luppi che al sax ha saputo incarnare le figure ellingtoniane di Paul Gonsalves e Ben Webster, e la violinista Ingrid Berg Mehus, arrivata a punti alti di tensione e di suono e che ha fatto sembrare le sue parti improvvisate come fossero state accuratamente composte).
Bonati usa a suo modo e piacimento le diverse derivazioni stilistiche, rese omogenee e perfettamente coerenti in un costrutto prezioso ed emozionante, dai vaghi aspetti tribali nonostante la modernità degli assunti. In una formulazione intemerata per lucidità e intensità congiunte, fa sì che il fine rappresentativo trovi i suoi perfetti sbocchi nella realizzazione collettiva.
Il pubblico entusiasta ha decretato un successo strepitoso a Roberto Bonati e all’intero ensemble, che dopo grandi applausi hanno concesso il bis di uno stralcio della terza parte della suite, un’opera di grande pregio e qualità che ha onorato degnamente il luogo in cui è stata rappresentata, uno dei più bei teatri del mondo.