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Stefano Bollani (El Chakracanta)

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Alobar (2021)
1. Don Agustin Bardi
2. Concerto Azzurro
3. Libertango
4. Concerto Verde
Stefano Bollani – pianoforte
Juan Pablo Navarro – contrabbasso
Bernardo Guerra – batteria
Santiago Segret – bandoneon

Stefano Bollani non è solo un brillante pianista jazz, non lo si scopre certo oggi. I suoi molteplici interessi, la disinvoltura nel passare agevolmente da un genere all’altro, l’abilità di intrattenitore, lo hanno reso personaggio televisivo popolare con un buon seguito di spettatori, fedeli agli appuntamenti con i suoi programmi, l’ultimo dei quali, “Via dei Matti numero 0“, andato in onda su Rai 3, ha riportato risultati lusinghieri in termini di share.

Dopo essersi esibito in compagnia di orchestre sinfoniche con brani di Gershwin, di Poulenc o di Mozart, l’istrionico artista milanese pubblica un disco per la maggior parte occupato da due sue composizioni, il Concerto Azzurro e il Concerto Verde, incise dal vivo in compagnia dell’ Orquesta san fin a Buenos Aires nel 2019. Il Concerto Azzurro (2017), arrangiato e diretto da Paolo Silvestri, aveva girato per l’ Europa, ottenendo ovunque buoni riscontri prima di questa registrazione argentina. Per il Concerto verde si tratta, invece, della prima esecuzione in assoluto. Completano l’album due superclassici, “Don Agustin Bardi” di Salgan e “Libertango“, biglietto da visita dell'”eretico”, per i puristi del tango, Astor Piazzolla.

I due concerti di Bollani prevedono parti riservate al solo pianoforte, sequenze di dialogo fra pianoforte e sezioni, momenti dedicati ai soli archi o a tutto l’ensemble in blocco. L’improvvisazione che erompe dalle sortite solistiche del leader connette e lega le varie voci orchestrali in un disegno complessivo, dove il linguaggio jazzistico si allaccia ad altri tipi di idioma, dalla musica popolare argentina alla tradizione sinfonica di matrice europea. I temi dell’autore sono freschi e danzabili e vengono riproposti, rimodellati in arrangiamenti che cercano di far risaltare sia il solista principale che i comprimari (se così si possono definire). Il pianista, solitamente portato a strabiliare sulla tastiera, tiene a freno la sua estroversione, lasciando adeguato spazio anche agli altri protagonisti dell’incisione. Tutto fila in modo conseguente, in generale. Solo in alcuni punti sembra che il pianoforte e l’orchestra procedano con due velocità diverse e che cioè alla vivacità delle intuizioni di Bollani, ai suoi interventi ricchi di spunti e di sollecitazioni, risponda il resto della formazione con un passo meno leggero, appesantendo il quadro d’insieme. Non è mai agevole, comunque, innestare lo slancio estemporaneo di un improvvisatore all’interno di partiture suonate da una compagine classica, almeno nella struttura, pure se gli strumentisti sono adusi a travalicare i confini dei vari generi. La versione di Don Agustin Bardi, arrangiata da Diego Schissi, scorre, per contro, molto felicemente e Bollani, di suo, ci mette dentro tutto il trasporto per il ballo argentino per eccellenza, coadiuvato in questo caso dalla sapienza stilistica del bandoneon di Santiago Secret. Libertango, invece, è un po’ intellettualizzata. Il bellissimo tema è quasi mimetizzato da una orchestrazione che lo guarnisce, lo infiocchetta, fino a coprirlo.

El Chakracanta“, in conclusione, è l’ennesima prova dell’eclettismo di un artista capace di emergere in molti campi, grazie alla passione e alla voglia di divertire e di divertirsi che lo guidano in tutte le sue imprese.