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Südtirol Jazz Festival “Europa”

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24-06/03-07-2022

Anno di svolta per il festival altoatesino, che ha doppiato la boa dei quarant’anni. Nato nel 1982 ad opera di Nicola Ciardi, un nome che risuona nel cuore e nella mente di tantissimi appassionati e di altrettanti musicisti che sono stati invitati a suonare nella città altoatesina, il festival, che sotto i lunghi anni della successiva direzione di Klaus Widmann ha innovato la sua formula per abbracciare l’intero territorio della provincia, affronterà dal 2023 una nuova fase, per le dimissioni annunciate da Widmann, che lascerà la guida del festival nelle mani di tre suoi validissimi collaboratori: Max von PretzRoberto Tubaro Stefan Festini Cucco.

L’edizione 2022, dopo le scelte degli anni precedenti che si erano orientate su giovani artisti provenienti da diverse aree geografiche del nostro continente, è stata dedicata all’intera Europa, accostando alcuni tra i musicisti protagonisti delle edizioni precedenti ad altri, sempre con la consueta attenzione e curiosità per le proposte innovative.

Le parole pronunciate sul palco dal vocalist svizzero Andreas Schaerer e dal pianista Simone Graziano hanno chiaramente delineato l’importanza del SJF: oltre all’affetto e alla riconoscenza nei confronti di Widmann, Schaerer ha ricordato che buona parte dei suoi progetti attuali sono nati grazie al festival, così come Graziano ha ricordato che la trasformazione del quartetto Frontal in quintetto, con l’aggiunta del formidabile chitarrista olandese Rainer Baas, è avvenuta durante e grazie al SJF. Un festival che consente ai musicisti di soggiornare a lungo a Bolzano, suonando più volte in diverse località, incontrando altri artisti e creando occasioni di conoscenza, scambio, collaborazioni. Formazione esemplare in questo senso è Oliphantre, lo splendido trio di Leïla Martial (assente quest’anno dal festival per ragioni di salute), Francesco Diodati e Stefano Tamborrino. Ma si potrebbe continuare a lungo.

Negli anni precedenti la conduzione del concerto iniziale era stata affidata ogni volta a un musicista diverso, che dava la sua impronta all’evento per poi caratterizzare il festival con suoi diversi progetti. Quest’anno l’Opening Concert, dal citato tema “Europa”, ha visto insieme Rainier Baas (chitarra), Lauren Kinsella (voce), Soweto Kinch (sax e voce), Kristijan Kraincan (violoncello e batteria), Ruth Goller (basso), Dan Kinzelman (sax tenore), Stefano Tamborrino (batteria) e Pauli Lyytinen (sax tenore ed ewi), in un programma realizzato grazie a due giornate di prove in cui ciascuno ha portato una o più composizioni originali. Risultato interessante, discontinuo negli esiti data la varietà musicale in campo, grande spazio per ciascuno, marcate suggestioni progressive e ottimi assolo specie da parte di Kinch, anche ottimo rapper, di Tamborrino, di Lyytinen, con un ruolo particolare per Baas.

Atmosfere di stampo minimalista ed emozioni di grande qualità dal set del duo KinzelmanKraincan all’Abbazia di Novacella. Una formazione solo al secondo incontro in quattro anni ma che andrà presto a incidere, un incrocio davvero fecondo tra due personalità creative, con lo sloveno Kraincan che si alternava fra violoncello e batteria e Kinzelman tra clarinetto basso e tenore, con esiti eccellenti.

Energia a profusione dal dinamico quintetto anglo-tedesco The Killing Popes, capitanato dal batterista Oliver Steidle, con ospiti Baas e Kinsella. Utilizzo mirato dell’elettronica, bel senso della costruzione, un linguaggio non arduo ma coinvolgente, che trova le sue radici nel jazz rock più creativo e nel free, con menzioni speciali per il leader e per il chitarrista, il tedesco Frank Möbus. Nel concerto hanno trovato spazio anche gli equilibrismi vocali della Kinsella, che ha spostato la musica su terreni più sperimentali, e Baas, che ha contribuito da par suo.

Sempre al Base Camp come il precedente, Embracing: Piano Solo Corpo Solo, l’abbraccio tra due arti affini, complici, l’espressione coreutica di Claudia Caldarano e le corde del pianoforte di Simone Graziano, in un coinvolgente, emozionante dialogo tra sensibilità artistiche, tra spunti minimalisti e riflessioni sul corpo femminile coperto, a misurarsi con un parallelepipedo nero e lucido, forse metafora di un mondo chiuso, difficile, dal quale tentare di sollevarsi, di svelarsi.

Poi le ballate rock con influenze africane del trio Xaman del chitarrista e cantante Pierre Tereygeol, con la sua voce alla Buckley, a commentare la mirabile bellezza del laghetto Trejer See a Campo Tures, e di nuovo al Base Camp il duo praticamente improvvisato fra Andrea Schaerer e Kalle Kalima, incentrato sul comune terreno della canzone, da Brian Wilson, a Prince, a David Bowie.

Il quintetto Frontal (GrazianoKinzelmanBaasTamborrinoGabriele Evangelista), con i brani dall’ultimo disco Auand «Sexuality», nonostante un suono non perfettamente tarato, ha affascinato per le mirabili architetture delle composizioni, con il ruolo di Baas sempre più convincente ed essenziale. Grazia e potenza, una scommessa decisamente vinta del jazz italiano.

Ancora dal Base Camp un duo tra la giovane batterista inglese Jas Kayser e Soweto Kinch (voce, sax, ewi), nella loro prima collaborazione. Due generazioni diverse del british jazz, accomunate dalla passione per il rap e per i ritmi dell’afro-beat, in un set denso e coinvolgente, che si avvaleva di elettronica e di basi preregistrate, e poneva lo stile batteristico della Kayser in buona evidenza.

Altro incontro riuscitissimo fra musica e danza, al Parco Semirurali a Bolzano, Honey Sparks in the Dark, quattro danzatori, quattro musicisti, una voce recitante e un sound designer dalla Slovenia per una performance emozionante ispirata a un verso di Rilke. Il progetto era dell’inventivo compositore, violoncellista e batterista Kristijan Kraincan, che si alternava ai due strumenti, affiancato da contrabbasso, tromba e sax, interagendo con i quattro danzatori che coniugavano movenze ispirate da danze popolari balcaniche (richiamate anche dai costumi) e movenze contemporanee, in quadri spettacolari e coinvolgenti.

Un bel palcoscenico utilizzato per la prima volta, la Pippo’s Mountain Lodge sul Renon, ha accolto un duo finlandese che accostava i fiati e l’elettronica di Lyytinen alla voce di Niillas Holmberg. Atmosfere tipicamente nordiche (con richiami ad alcune esperienze di Garbarek), in un intreccio tra suoni maestosi e il canto tipico dei sami, popolo lappone, intervallati da letture di versi di Holmberg e di un antico poema di Anders Fjellner.

Tra i tanti meriti del festival altoatesino, anche quello di organizzare delle residenze: da alcuni anni, presso lo Stanglerhof di Fiè allo Sciliar, in un luogo e in un paesaggio unici, due musicisti si incontrano e incrociano le loro esperienze artistiche, esibendosi in un set all’interno del locale. Quest’anno è toccato a due musiciste entrambe stabilitesi ad Amsterdam, ma provenienti da diverse aree geografiche: la cantante e violoncellista Sanem Kalfa, turca, e la cantante e contrabbassista Fuensanta Méndez, messicana. Un set principalmente incentrato sulle voci, con un utilizzo parco dell’elettronica, e ampi riferimenti alle musiche etniche di rispettiva provenienza.

Di ritorno al campo base, un interessante giovane trio di stanza in Norvegia composto dal finlandese Ville Lähteenmäki, clarinetto basso e flauto, e da una ritmica norvegese (Nicolas LeirtrøTrym Saugstad Karlsen), in una rivisitazione di stilemi tipici del free anni Sessanta, da Sam Rivers ad Albert Ayler, richiamato nel bis dalla sua Ghosts.

Il Batzen Sudwerk è il club dove da anni si concludono, a tarda ora, le serate del festival. Spesso ospita le proposte più avanguardistiche, come nel caso dell’inedito quartetto tra le chitarre di Baas e Diodati, il basso di Joe Rehmer e la batteria di Lukas König. Un’improvvisazione magistralmente condotta dai quattro con un buon controllo dello sviluppo musicale, nel quale il certosino lavoro sul suono di Diodati faceva da catalizzatore, mentre la perizia di ciascuno rendeva il set relativamente fruibile e coinvolgente.

Altre atmosfere con il concerto mattutino in solo del fisarmonicista umbro Luciano Biondini presso la Distilleria Roner. Di casa al SJF, Biondini ha letteralmente incantato il folto pubblico che riempiva la grande sala con un programma emozionante, con la sua consueta tecnica mirabolante al servizio dell’espressione. Da Paoli a un Morricone interpretato incomparabilmente, ad alcuni temi dal mai dimenticato Pinocchio di Fiorenzo Carpi, in una temperatura emotiva costantemente alta, premiata da lunghi applausi e richieste di bis.

Altra consuetudine del festival è realizzare degli eventi in collaborazione con l’attivissimo Filmclub di Bolzano. Preceduto da una divertentissima ed estemporanea presentazione live, il duo fra Matthias Schriefl e Johannes Bär ha portato il documentario “Auf Tour – Z’Fuaß”, che racconta un cammino alpino di circa 200 km effettuato dai due musicisti trasportando gli strumenti, 55 chili divisi in due zaini, e suonando nelle piazze, nelle baite, insomma una formidabile esperienza che solo Schriefl, con la sua incredibile energia, poteva concepire.

Ritorno al Base Camp con un quintetto tutto ungherese, quello della cantante Nagy Emma. Pianoforte e chitarra, contrabbasso e batteria a supporto della esile ma bella voce, e composizioni di qualità, con il pianoforte di Krisztián Oláh e la chitarra di Péter Cseh in buona evidenza, per un jazz delicato e contemporaneo, davvero convincente, che genera curiosità nei confronti della scena ungherese. A seguire un duo di chitarre, Baas con la sua allieva Ella Zirina, lettone, un incrocio di corde all’insegna di standard ellingtoniani, gershwiniani e composizioni originali di Baas. E infine, il progetto, nato a Siena JazzNerovivo della batterista e vocalist Evita Polidoro, una giovane italiana spalleggiata da due chitarre elettriche. Facendo ampio uso dell’elettronica, il trio ha proposto una musica suggestiva, densa di atmosfere oniriche, adeguatamente commentate dalle chitarre, con interessanti venature progressive e jazzrock, e la leader ha mostrato anche interessanti qualità vocali.

La consueta matinée nel giardino di Palais Toggenburg, al centro di Bolzano, è stata dedicata al quartetto italiano TellKujira (Francesco Diodati-chitarra, Francesco Guerri-violoncello, Ambra Chiara Michelangeli-viola, Stefano Calderano-chitarra). Un incontro fecondo fra quattro diverse personalità artistiche, nel quale ha spiccato l’intensa ricerca sul suono di Diodati sulla chitarra preparata, uno strumento artigianale supportato da un ampio set di pedali. Atmosfere affascinanti, notturne (nonostante l’ora!), un quartetto che sviluppa una dimensione prevalentemente acustica anche se con chitarre elettriche, che attraversa diversi generi senza farsi caratterizzare da nessuno ma che propone una sorta di estetica della ricerca timbrica, con una mirabile interazione fra i quattro strumenti e fa dei loro concerti un’esperienza ogni volta nuova e imprevedibile.

L’ultima sera della presenza di chi scrive al festival, di nuovo al Base Camp con A Novel of Anomaly, il dinamico quartetto di Andreas SchaererLuciano BiondiniKalle Kalima e Lucas Niggli. Una festa di suoni questo incontro fra quattro personalità differenti eppure complementari, con la funambolica vocalità di Schaerer, i voli della fisarmonica e la solidissima ritmica, un chitarrista e un batterista semplicemente formidabili, che hanno generato un set ricco e coinvolgente. A seguire, un ulteriore progetto del vulcanico Lyytinen, il trio Rabbit Hole, con il connazionale Mika Kallio alla batteria e il norvegese Andreas Stensland Løve al pianoforte e tastiere. Un set avvincente, con i radiosi colori del synth, il variegato sostegno ritmico di Kallio, ampio uso dell’ewy. E il pianoforte di Løve, sempre perfetto nell’equilibrio del trio, a sostenere le volate del sax tenore. Chiusura della giornata al Batzen Sudwerk, per Other:M:Other, un trio di giovani austro-svizzeri che hanno incrociato le sonorità di un moog, di un pianoforte preparato e di una batteria per un set dalle progressioni elettroniche che andavano da atmosfere statiche a figurazioni ritmiche, con degli sviluppi interessanti.

Non resta adesso che attendere il 2023, per capire quali direzioni prenderà lo storico festival altoatesino.