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Together Again: Bill Evans e Tony Bennett – Parte I (B. Evans, T. Bennett, I dischi)

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“… soprattutto desidero che la mia musica susciti
una meravigliosa sensazione di cantabilità…”.

Dalle note di copertina di Bill Evans: The Complete Riverside Recordings

Bill Evans
La figura di Bill Evans (Plainfield 1929 – New York 1980) è senz’altro molto complessa, tanto se considerata dal punto di vista del musicista, quanto della personalità. Il carattere introspettivo, lacerato dai numerosi lutti familiari e dalla prematura scomparsa del contrabbassista e amico Scott La Faro, si pone agli antipodi di quello di Bennett, autentico istrione del palcoscenico, dal temperamento solare, sanguigno.

Non si vuole qui ricostruire l’intera vicenda del pianista-compositore Bill Evans: tanta letteratura traccia nei dettagli il profilo dell’uomo e del musicista. In questo lavoro considereremo solo alcuni aspetti che riguardano la sua formazione e la sua estetica musicale.
La prima cosa su cui porre l’accento è l’amore sempre dichiarato da Evans per il repertorio del Great American Songbook. La sua intera produzione, infatti, è essenzialmente legata all’interpretazione delle song della grande tradizione americana e alle sue circa sessanta composizioni originali. E’ proprio la condivisione del medesimo repertorio, dunque, a favorire l’incontro professionale tra i due artisti.

Nel 1968 Evans aveva registrato un intero album di ballad in piano solo, dal titolo Alone e un secondo, Alone (Again), esce nel 1977 subito dopo Together Again. In Alone (Again) si ascoltano The Touch of your Lips e Make Someone Happy, già registrate con Bennett. Le versioni in piano solo, pur se più articolate dal punto di vista della forma, con modulazioni che rappresentano veri e propri sviluppi e parti improvvisate più estese, sono tuttavia assimilabili a quelle con Bennett per quanto riguarda le scelte armoniche e l’atmosfera generale.

Nel corso del decennio che va dal 1968 al 1977, dunque negli anni della piena maturità artistica, Evans appare particolarmente concentrato sul repertorio delle ballad attraverso le quali apporta, forse, il maggior contributo alla storia del jazz. Questo genere rappresenta, specie per un pianista, l’ambito ideale in cui testare le abilità armoniche (nelle canzoni gli accordi occupano uno spazio temporale più lungo che va fiorito di altri accordi e ritmi), il controllo del tocco e della struttura, l’originalità dell’interpretazione anche in relazione al testo; in sintesi rileva il livello di maturità raggiunto.

Anche la figura del pianista-cantante Nat “King” Cole ha giocato un ruolo importante sulla predilezione di Evans per questo tipo di repertorio. E’ nota l’influenza di Cole sul suo stile, sul suono e sull’approccio alla melodia e al ritmo, come di George Schearing e Dave Brubeck per alcuni tipi di voicing, di Earl Hines per il senso della forma, di Oscar Peterson per il potente swing, di Lennie Tristano per l’approccio razionale alla musica e di Bud Powell, considerato da Evans, il più grande di tutti.

In un’intervista a Jan Stevens rilasciata dopo la morte di Bill Evans (1980), la seconda moglie Nenette dichiara: “Bill had a vast amount of sheet music, some he would look at, others not. I rarely, if ever, heard him play jazz at home.When he played at home, it was primarily classical.”. Il suo studio dei compositori classici gli ha permesso di sviluppare un’ottima capacità di lettura a prima vista e di costruire una solida tecnica strumentale. Non solo, Evans da fine analista, faceva proprie le tecniche compositive e le prassi esecutive di tutte le epoche, da Bach a Schoenberg. Ad esempio sosteneva che la musica di Bach lo aiutasse ad avere un controllo migliore del suono e a migliorare l’aderenza alla tastiera; pensava inoltre che lo studio delle armonie impressioniste di Debussy rendesse possibile il superamento dei vincoli dell’armonia tonale dove ogni tensione è legata a una risoluzione, e a considerare in maniera sistematica l’uso degli accordi estesi. Inoltre la riscoperta della modalità ad opera dei compositori dell’impressionismo francese offrono a Evans, come vedremo, una possibilità di lettura nuova anche del codice tonale. Anche le idee politonali di Milhaud sono fonte d’ispirazione di alcune sue composizioni come Peace Piece, dove all’ostinato armonico di Do maggiore è sovrapposta una melodia che tocca scale diverse. Significative per le rielaborazioni di Evans sono anche le armonie per quarte di Satie. Inoltre l’uso sapiente e particolare del pedale di risonanza, specie nelle ballad, consente a Evans di ottenere effetti timbrici molto personali.

Va sottolineato che sin dagli anni ‘20 altri musicisti di jazz erano attenti alla coeva musica francese, in particolar modo di Ravel e Debussy. Ad esempio il trombettista Bix Beiderbecke (1903-1931) forse era stato il primo a introdurre nella sua composizione pianistica In a mist (1927) scale e accordi inusuali per l’epoca, come la scala esatonale, gli accordi di sesta e gli accordi estesi e alterati. Più tardi anche Billy Strayorn (1915-1967), introdurrà nelle sue composizioni elementi chiaramente impressionisti, basti considerare gli accordi iniziali di Chelsea Bridge (1941) che vanno molto oltre le consuete progressioni armoniche suggerendo, attraverso i due accordi paralleli Bbm6(maj7) e Abm6(maj7) l’immagine soffusa della vista sul celebre ponte londinese.

I due dischi del musicista di Plainfield con Bennett mettono particolarmente in risalto gli aspetti fin qui considerati.

Tony Bennett
Tony Bennett (New York 1926) appartiene alla nutrita comunità dei cantanti italo-americani che annovera Frank Sinatra come maggiore figura rappresentativa. Fu proprio Sinatra a esprimere a Bennett una incondizionata quanto raramente concessa ammirazione, definendolo il più grande cantante dell’epoca.

Figlio di emigrati calabresi, Anthony Dominick Benedetto, in arte Tony Bennett, è considerato l’ultimo grande crooner americano, dopo la morte di Dean MartinFrank Sinatra Perry Como. Pur essendo cresciuto musicalmente nella tradizione musicale italiana, nel corso degli anni della sua formazione Bennett si avvicina al jazz e al suo repertorio a partire dall’ascolto di Louis Armstrong.

A consacrarlo definitivamente era stato Pearl Bailey, scritturandolo come cantante-presentatore in una rivista al Greenwich Village Inn nel 1949. Aveva iniziato l’attività di cantante con il nome di Joe Bari prima che il celebre attore Bob Hope gli suggerisse di cambiarlo in Tony Bennett e sarà lo stesso Hope a offrirgli il primo ingaggio importante all’interno del suo spettacolo al Paramount Theater.

La voce calda, veemente, tecnicamente ben impostata, la compattezza timbrica sempre molto piacevole nell’arco della sua ottima estensione, il vibrato ampio e aperto, il fraseggio preciso, il senso ritmico inappuntabile e la naturale capacità di muoversi nel mood jazzistico, gli conferiscono un’identità propria. E’ stato considerato, a torto come del resto anche Sinatra, un cantante più appartenente alla sfera della musica leggera che a quello del jazz. Le collaborazioni strette nel corso della lunghissima carriera con jazzisti come Count BasieDuke EllingtonZoot SimsTommy FlanaganAl CohnWoody HermanArt BlakeyNat Adderley e Bill Evans, ci restituiscono invece il profilo di un artista sempre a suo agio nei contesti più vari. Il suo repertorio si concentra sugli autori classici legati al panorama musicale dei teatri di Broadway come Irving BerlinGeorge GershwinVernon DukeRichard RodgersCole Porter e sugli altri compositori appartenenti alla grande tradizione della canzone americana.

Tra le capacità che possiamo attribuire a Bennett il sapersi reinventare, grazie anche alla sua tenacia, più volte nell’arco degli oltre sessant’anni di carriera pur conservando sempre intatto il suo amore per la tradizione. Dopo un sodalizio discografico più che ventennale con la Columbia, Bennett passa alla Verve con cui registra solo un paio di dischi e nel 1973 decide di dar vita ad una sua etichetta in società con il produttore Bill Hasset: la Improv Records che non avrà molta fortuna. Una decina i titoli pubblicati in tutto dall’etichetta, di questi cinque sono suoi lavori tutti pubblicati tra il 1975 e il 1979. E’ proprio in questo frangente che Bennett e Evans, pensano ad una possibile collaborazione. Siamo nel cuore degli anni settanta, l’offerta musicale è ampissima, sono nel pieno dell’attività i grandi gruppi rock, il panorama jazzistico vive un periodo di notevoli trasformazioni con la svolta elettrica di Miles Davis e si affermano definitivamente le tendenze progressiste e radicali già in atto nella seconda metà degli anni sessanta. E’ in questo panorama che Bennett ed Evans danno vita ai due album The Tony Bennett/Bill Evans Album (1975) registrato per la Fantasy Record (etichetta a cui era legato Evans in quegli anni) e Together Again (registrato sul finire del 1976 ma pubblicato l’anno successivo) proprio a marchio Improv; due album in duo piano e voce, dal carattere, invece, intimistico e dal gusto classico.

Nel 1986 Bennett torna alla Columbia, collezionando negli anni numerosi Grammy Award, importante premio degli Stati Uniti per la musica.

Il 3 agosto 2015 Tony Bennett ha compiuto 89 anni, gode di una forma invidiabile e nel corso degli ultimi anni ha legato la sua attività a quella di altri cantanti, spesso giovanissimi, attraverso la formula del duetto vocale: Lady GagaAmy WineouseMichael Bublé Diana Krall sono solo alcune delle voci a cui Bennett affida la grande tradizione del Great American Songbook da traghettare alle nuove generazioni.

I dischi
Bennett ed Evans si erano incontrati la prima volta nel 1962, quando con i rispettivi gruppi, erano stati invitati a partecipare a un evento speciale di jazz alla Casa Bianca, durante la presidenza Kennedy. Tuttavia solo molti anni dopo, grazie alla cantante e attrice Annie Ross che conosceva entrambi, si è concretizzata la possibilità della collaborazione. Nel 1975, decidono su proposta di Bennett, di registrare in duo. Evans, se si eccettua il disco Waltz For Debbie (1964) in trio con Chuck Israels al contrabbasso e Larry Bunker alla batteria, e la cantante scandinava Monica Zetterlund, era alla sua prima registrazione in duo con un cantante; in duo però, aveva registrato Undercurrent (1962) e Intermodulation (1966) con il chitarrista Jim Hall. Bennett aveva già al suo attivo un album con il pianista Ralph Sharon, suo storico collaboratore nel 1959, dal titolo Tony Sings For Two.

Nel corso di quattro giorni, dal 10 al 13 giugno 1975Bill Evans e Tony Bennett registrano negli studi della Fantasy, l’etichetta di riferimento di Evans degli anni ’70.

The Tony Bennett-Bill Evans Album
Bill Evans (piano) Tony Bennett (voce)
Fantasy Studios, Berkeley, 10-13 giugno 1975

1. Young and Foolish (Albert Hague, Arnold B. Horwitt) – 3:54
2. The Touch of Your Lips (Noble) – 3:56
3. Some Other Time (Bernstein, Comden, Green) – 4:42
4. When in Rome (Coleman, Leigh) – 2:55
5. We’ll Be Together Again (Carl T. Fischer, Frankie Laine) – 4:38
6. My Foolish Heart (Ned Washington, Victor Young) – 4:51
7. Waltz For Debby (Evans, Lees) – 4:04
8. But Beautiful (Burke, Van Heusen) – 3:36
9. Days Of Wine And Roses (Mancini, Mercer) – 2:23

L’anno successivo Evans e Bennett si ritrovano di nuovo in studio per dar vita a un secondo album, che si differenzia dal precedente soprattutto per una ricerca dell’intesa diversa, meno esplicita, più sottile e, per certi aspetti, più fragile. In Together Again Bennett appare più misurato, agisce all’interno di un range dinamico meno ampio. Per quanto riguarda la ricerca dell’intesa, questa non è mai cercata, nessuno dei due rincorre le intenzioni dell’altro, o cerca nell’altro un appoggio, al contrario i due artisti procedono sicuri anche quando l’equilibrio appare difficile da trovare.

Questo aspetto conferisce certamente all’intero lavoro un’atmosfera rarefatta, in cui la sfera emotiva appare molto più controllata. Together Again risulta complessivamente molto più organico del precedente, anche se meno vario data la scelta dei brani, tutti molto belli, ma riconducibili ad un medesimo andamento e ambito stilistico. Se da un certo punto di vista ciò può rappresentare un limite, di contro aiuta a conferire all’intero lavoro un forte senso di coesione interna.

Together Again
Bill Evans (piano) Tony Bennett (voce 2/12)
Improv Records, San Francisco, 27-30 settembre 1976

1. The Bad and the Beautiful (Langdon, Raksin) – 2:18
2. Lucky to Be Me (Bernstein, Comden, Green) – 3:45
3. Make Someone Happy (Comden, Green, Styne) – 3:53
4. You’re Nearer (Hart, Rodgers) – 2:23
5. A Child Is Born (Thad Jones, Alec Wilder) – 3:17
6. The Two Lonely People (Bill Evans, Carol Hall) – 4:27
7. You Don’t Know What Love Is (Gene de Paul, Don Raye) – 3:27
8. Maybe September (Ray Evans, Faith, Livingston) – 3:55
9. Lonely Girl (Evans, Livingstone, Hefti) – 2:49
10. You Must Believe in Spring (Bergman, Bergman, Demy) – 5:51

Bonus Tracks ristampa 2003, Concord Records:

11. Who Can I Turn To? (Bricusse, Newley) – 2:28
12. Dream Dancing (Porter) – 3:46

Nel 2009 la Concord, in un doppio CD dal titolo The Complete Tony Bennett Bill Evans Recording, ristampa le registrazioni ufficiali di entrambi i dischi (tutte contenute nel CD 1) con l’aggiunta di venti alternate take (CD 2). Solo cinque, le prime, sono le alternate take del disco The Tony Bennett-Bill Evans Album, ben quindici quelle di Together Again.

The Complete Tony Bennett Bill Evans Recording (CD2)

1. Young And Foolish [Alternate Take 4] ­­ – 4:46
2. The Touch Of Your Lips [Alternate Take 1] ­– 2:55
3. Some Other Time [Alternate Take 7] – 4:56
4. When In Rome [Alternate Take 11] – 2:57
5. Waltz For Debby [Alternate Take 8] – 3:50
6. The Bad And The Beautiful [Alternate Take 1] – 2:13
7. The Bad And The Beautiful [Alternate Take 2] – 2:10
8. Make Someone Happy [Alternate Take 5] ­– 3:54
9. You’re Nearer [Alternate Take 9] – 2:58
10. A Child Is Born [Alternate Take 2] – 3:27
11. A Child Is Born [Alternate Take 7] – 3:12
12. The Two Lonely People [Alternate Take 5] – 4:44
13. You Don’t Know What Love Is [Alternate Take 16] – 3:33
14. You Don’t Know What Love Is [Alternate Take 18] – 3:37
15. Maybe September [Alternate Take 5] ­ – 4:38
16. Maybe September [Alternate Take 8] ­– 4:32
17. Lonely Girl [Alternate Take 1] – 2:58
18. You Must Believe In Spring [Alternate Take 1] – 6:02
19. You Must Believe In Spring [Alternate Take 4] ­– 5:36
20. Who Can I Turn To [Alternate Take 6] – 2:30