1. A flower in a lonesome thing
2. I’ve stolen a dream
3. I cover waterfront
4. Stardust
5. The way you look tonight
6. Leon
7. Too young to go steady
8. Some other spring
9. Ballad for very tired and very sad lotus eaters
10. Ever
11. Don’t leave me
12. Aedh Wishes for the Clothe of Heaven
Vanessa Tagliabue Yorke – voce, composizioni originali
Paolo Birro – pianoforte
featuring: Fabrizio Bosso – tromba in 2 e 13.
Dopo “Diverso, lontano, incomprensibile” e altri album precedenti provvisti di un carattere progettuale ad ampio raggio, Vanessa Tagliabue Yorke pubblica un disco di standards, in prevalenza, completato da alcuni originals a sua firma e da un brano dal repertorio di Mia Martini. Il titolo del cd si riaggancia al nome di un teatro di New York dove venivano rappresentate opere con una loro fisionomia particolare, dovendo essere eseguite in un ambiente di ridotte dimensioni. Tutto era funzionale, cioè, al luogo deputato per la relativa messa in scena. Non si poteva, perciò, uscire fuori da determinati canoni. La cantante veneta si rapporta ai brani selezionati con l’intento di relazionarli al suo modo di interpretare la canzone, sia classica che moderna, o composta da lei stessa. Il “Princess theater”, allora, diventa l’habitat ideale e intimo in cui far rivivere gli evergreen, secondo la sua particolare sensibilità, o dove far emergere i suoi pezzi, scritti in epoca recente, ma dotati di un contorno antico o fuori dal tempo ordinario. La voce della Tagliabue Yorke è ondulata, altalenante, lambisce le parole, le distende, lavora sull’intensità dei suoni con una auto-regolazione accurata e fluttuante, soprattutto nei passaggi subitanei, o graduali, fra un tono e l’altro.
Paolo Birro è un partner ideale, affidabilissimo, poiché realizza con il suo pianoforte una ragnatela armonica e melodica in cui va a inserirsi in modo proficuo l’iniziativa della leader del duo. Il pianista è lirico e sagace nelle ballad, ma è capace di farsi valere, quando può liberare la sua anima swingante. Fabrizio Bosso, ospite in due pezzi, fa risplendere la sua tromba, senza strafare, ma restando nei limiti di una proposta, comunque, raccolta e intimista.
Vanessa Tagliabue Yorke, a conti fatti, non vuole meravigliare o spiazzare gli ascoltatori, con questo album, fra l’altro, realizzato per la maggior parte, dal vivo.
La musicista si impegna, invece, nella produzione di un’opera policroma e dotata di senso compiuto, in cui brillano, principalmente, due perle: una versione da brividi di “Notturno” di Maurizio Fabrizio e una maiuscola ripresa di “Stardust“, che non sfigura affatto a confronto con le tante esecuzioni di personaggi di punta del jazz di tutti i tempi. E, questo, in conclusione, non è un merito a suo favore di scarso rilievo…