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Vicenza Jazz New Conversations 2022

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direzione artistica di Riccardo Brazzale

Chi scrive ha seguito tre giornate centrali dello storico festival vicentino, che in occasione del centenario della nascita del contrabbassista di Nogales aveva per tema “Mingus Fingus, cent’anni di emozioni”.

Nel tardo pomeriggio del 14 maggio, in una sala interna di Palazzo Thiene, la contrabbassista Federica Michisanti ha presentato il suo nuovo progetto commissionatole dall’associazione mantovana 4’33”, denominato “Life on Art String Quartet”. Contrabbasso (la leader), violoncello (Salvatore Maiore), viola (Maria Vicentini) e violino (Eloisa Manera), per un programma di composizioni originali di evidente matrice cameristico-novecentesca, con alcuni inserti improvvisativi, che ha mostrato un aspetto particolarmente austero del mondo musicale della giovane ma già solidamente affermata musicista.

La serata al Teatro Olimpico è iniziata con l’esibizione del giovane pianista israeliano Yaniv Taubenhouse, di stanza a New York da una decina d’anni, che ha eseguito, esibendo una evidente formazione classica nel tocco, ma senza presentare rilevanti dinamiche jazzistiche, alcune sue composizioni, uno standard (Brother, can you spare a dime?) e una nota canzone di Lennon-McCartney, I will.

Forte era l’attesa per il “Trio Tapestry” di Joe Lovano, con Marilyn Crispell al pianoforte e Carmen Castaldi alla batteria. Costituitosi nel 2019, con all’attivo due dischi per l’Ecm («Trio Tapestry» e «Garden of Expression»), il gruppo ha raggiunto dal vivo una maturità esemplare che per certi versi lo fa accostare al mitico trio degli anni Ottanta del secolo scorso con Bill Frisell e Paul Motian. Il concerto vicentino è stato di rara intensità, e la combinazione alchemica fra i tre ha raggiunto livelli davvero considerevoli. Il drumming di Castaldi è creativo e ricorda quello del citato Motian, il pianoforte della Crispell libero ma ricco di aspetti melodici e romantici, mentre il sassofono tenore (e, a tratti, il tárogató e i gong) di Lovano risultava particolarmente ispirato, con il suo suono e il fraseggio intensi e immediatamente riconoscibili, in totale empatia con gli altri componenti. Anche nei momenti in cui non emetteva suoni, Lovano era comunque presente nella musica, muovendosi sul palco quasi con passi di danza, avvicinandosi agli altri come a commentare i loro suoni con i movimenti del corpo, mostrando di “sentire” lo svolgimento musicale con un coinvolgimento totale. Tante composizioni originali del repertorio del trio, e bis sulle note di West of the Moon, a chiusura del concerto di una delle più valide realtà del jazz internazionale odierno.

Due eventi hanno dato inizio alla giornata del 15 maggio. Il primo era dedicato alla presentazione del volume a fumetti Mingus, di Flavio Massarutto e Squaz, curata da Riccardo Brazzale, che ha in proposito intervistato il giornalista e scrittore Massarutto, autore della sceneggiatura del libro. Alla presentazione è seguito un appropriato intervento musicale di due strumenti ad arco, Salvatore Maiore al violoncello e Maria Vicentini alla viola, con arrangiamenti di notissime composizioni mingusiane. Altro adeguato intervento musicale, stavolta dedicato a Chet Baker, con un trio composto da David Boato in sostituzione del previsto Fulvio Sigurtà alla tromba, Dario Carnovale al pianoforte e Lorenzo Conte al contrabbasso, ha commentato la lettura di brani di un volume dello scrittore e documentarista Éric Sarner dedicato a Baker, affidata all’autore medesimo.

 

La serata al Teatro Olimpico era dedicata a un altro attesissimo concerto: il trio di Bill Frisell con Tony Scherr al contrabbasso e Kenny Wollesen alla batteria. Un set giocato su un collaudato interplay, con un avvio decisamente jazzistico (la sua amatissima ballad The day of Wine and Roses, trattata con tocco delicato e swingante, Misterioso di Monk), per poi spostarsi su una delle sue più suggestive composizioni, Strange Meeting e su diverse altre, in un flusso sonoro ininterrotto, condotto dai tre con assoluta complicità, che si è concluso con la celeberrima canzone di Burt Bacharach dal titolo quanto mai storicamente opportuno What the World Needs Now is Love, in una esecuzione lieve e delicata. Grandi sorrisi, abbracci, un’evidente gioia di stare sul palco dell’Olimpico, fino a un richiestissimo bis sulle note di We Shall Overcome, eseguito con una coda strepitosa. Bill Frisell, sorridente, garbato eterno ragazzo di settantun anni, fisico leggero e maglietta a righe, continua a raccontarci, con il suo suono unico e perfetto, la sua America, quella che tutti amiamo.

Nell’ultima serata, al Teatro Comunale, si è esibito il trio del contrabbassista Avishai Cohen, con Eichin Shirinov al pianoforte e Roni Kaspi alla batteria. I tre hanno presentato i brani del nuovo album del leader, «Shifting Sands». Le composizioni eseguite, che presentavano strutture molto simili con ostinati armonici, ponevano al centro il ruolo del leader, che faceva gran sfoggio di tecnica, valorizzando il dinamico accompagnamento della giovanissima batterista, alla quale sono stati riservati anche due lunghi e muscolari assolo su dei riff di pianoforte e contrabbasso. Richiamato sul palco dalle richieste di bis, Cohen ha cantato in solo, altra sua passione, Sometimes I Feel Like a Motherless child accompagnandosi al pianoforte e Alfonsina y el mar accompagnandosi al contrabbasso. Infine il trio è tornato sul palco per eseguire due brani noti del repertorio del contrabbassista.